Quell'instabilità partitica sarditaliana e le fatiche di Sisifo dell'indipendentismo sardo.
[Rassegna stampa coloniale sarda 1 luglio 2022]
La Sardegna, dentro il sistema Italia, subisce un sistema partitico mutevole e instabile, identico nelle forme e nella sostanza.
Negli Usa il Partito Repubblicano è attivo ininterrottamente dalla metà dell’’800; il Partito Democratico da qualche decennio prima.
Si alternano, entrano in crisi e rinascono, si rinnovano dall’interno, contengono e convivono al loro interno gli estremi: i repubblicani hanno gli ultra cristiani, nazionalisti, anti-finanza e contemporaneamente l’area free market, laica, che in Italia definiscono “liberale” (i liberal però negli Usa sono a sinistra).
Idem nel Regno Unito, Conservatori e Liberali, più o meno nascono negli stessi periodi degli americani, a cui, nel ‘900, si aggiungono i Laburisti.
In Francia i partiti della Quinta Repubblica sono più recenti, ma fondamentalmente mantengono una certa continuità rappresentativa.
In Italia invece è un continuo nascere e morire di partiti, che ruotano attorno a personaggi, effimere figure di arrivisti senza visioni politiche di lungo termine: l’ultima quella di Di Maio.
Forza Italia, Lega nord, Alleanza Nazionale, Fratelli d’Italia, Noi-con-Salvini, UCD, CCD, CDU, Futuro e Libertà, Margherita, Quercia, Verdi, Rosa nel Pugno, IDV, Rifondazione, Renzi, Calenda, Di Maio, Italexit, Sud-chiama-Nord, ecc…
Questa instabilità genera il mercato delle vacche dei cambi di casacca, che aggiungono ridicolo al dramma, portando la credibilità della classe politica sotto zero.
La Sardegna subisce questo schema, cui è integrata in tutti i suoi meccanismi politici, burocratici e amministrativi.
Le sigle Indipendentiste NON fanno eccezione a questa regola italiana, per cui muoiono e nascono nel giro di pochi anni, lasciando sul campo tentativi morti, insieme alle speranze future.
L’ultimo della serie è stato AutodetermiNatzione.
Continuo a pensare che si sarebbe dovuta riformare, a partire dalle strutture democratiche interne, non lasciare morire la coalizione.
Investire risorse, tempo e fatica per far conoscere un “brand”, per poi buttare tutto al vento, significa ogni volta dover ripartire da zero, costruire un nuovo nome sconosciuto.
Le energie per costruire le nuove “cose” non saranno le stesse, i fallimenti precedenti lasciano il segno, soprattutto perché si andrà a costruire nuovi cartelli poco differenti da quelli precedenti. Quindi perché crearne altri?
Fondare un nuovo movimento o una nuova coalizione è facile.
Farla conoscere, creare nel tempo lo zoccolo duro e gli affezionati, fino a poter prendere voti per entrare in Regione, è un’altra cosa (soprattutto con questa legge elettorale). A meno che non abbia come candidato una persona di richiamo, ma i rischi sono quelli di passaggi effimeri.
Le fatiche di Sisifo a confronto sono una partita a bocce per pensionati.
Inoltre questo fatto genera instabilità nella percezione dell’indipendentismo, che non viene visto come qualcosa di destinato a durare nel tempo.
Individualmente, tramite liste civiche o altri movimenti, tante persone riescono ad entrare nelle amministrazioni.
Individualmente, appunto. È l’indipendentismo organizzato che non prende voti!
L’esistenza de Sa Corona de Logu è lì a dimostrarlo, ha il merito di riaggregare, in seconda battuta, gli eletti e dare un minimo di coordinamento.
Se andassimo a chiedere, in un mercatino, ad alcune signore se conoscono le varie sigle indipendentiste, la maggior parte darà risposta negativa su quasi tutte.
Probabilmente conosceranno solo Sardigna Natzione, per questioni anagrafiche. Qualcun altro ricorderà iRS, e la figura carismatica di Gavino Sale.
Tutte le altre appariranno quasi come liste civiche o piccoli gruppi organizzati locali, al peggio dei disturbatori.
Nessuno tra movimenti e partiti gravita comunque in una dimensione tale da poter governare la Sardegna o da poter incidere sulla vita politica del palazzo.
Fino ad arrivare alle iniziative prese in solitudine da ogni singolo movimento, per poi trovarsi sul giornale un generico titolo “Protesta degli indipendentisti”, perché neppure il giornalista ritiene rilevante specificare quale sigla delle tante ha avuto il merito di protestare, o forse perché la sigla non avrebbe detto nulla ai lettori.
L’indipendentismo organizzato ha la necessità di ragionare in termini di medio e lungo periodo, di costruire l’edificio comune, lontano dai periodi elettorali, puntando a far conoscere il “brand” e non buttare via il bambino con l’acqua sporca al primo starnuto.
Occorre ragionare in termini di medio-lungo periodo sulla costruzione del “brand”, posizionandosi in maniera autorevole e credibile, per costruire il proprio bacino di riferimento che vada oltre gli steccati numerici tradizionali.
Un contenitore dichiaratamente indipendentista con dei principi condivisi e che faccia della partecipazione attiva il metodo di democrazia interno ed esterno, imparando dagli errori passati.
Sa prenta sarda (la stampa sarda)
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